04 marzo 2006

un grande ingegnere ...di parole ed emozioni

L’EVASO (boris vian)

Ha oltrepassato la collina
i suoi piedi facevano rotolare le pietre.
Lassù, chiusa fra quattro mura
una sirena cantava senz’allegria.

Respirava l’odore degli alberi.
Respirava con tutto il corpo.
La luce lo accompagnava
e faceva danzare la sua ombra.

Purché mi lascino il tempo.
Saltava fra l’erba
ha colto due foglie gialle sorsi di linfa e di sole.

Le canne d’acciaio blu sputavano
corte fiamme di fuoco secco.
Purché mi lascino il tempo.
E’ arrivato in riva all’acqua

vi ha immerso il viso
rideva di gioia; ha bevuto.
Purché mi lascino il tempo.
Si è rimesso in piedi per saltare.

Purché mi lascino il tempo.
Un ape di bronzo caldo
l’ha folgorato sull’altra riva
e mischiato sangue e acqua.

Aveva avuto il tempo di vedere.
Il tempo di bere al ruscello.
Il tempo di portare alla bocca
due foglie, sorsi di sole.

Il tempo di ridere agli assassini.
Il tempo di raggiungere l’altra riva.
Il tempo di andare verso la sua donna.

Aveva avuto il tempo di vivere.

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