16 maggio 2006

dal mondo, casino in brasile

BRASILE
Una maxi rivolta, la più grave mai registrata in Brasile, e circa 100 attentati sono scoppiati tra venerdì e domenica nelle 74 carceri dello Stato di San Paolo, dopo il trasferimento, effettuato giovedì, dei boss della criminalità organizzata in una prigione di massima sicurezza con l’obiettivo di isolarli e controllarli meglio. L’ordine di ribellione è partito dai capi del Primeiro comando da capital (Pcc), la fazione più importante della criminalità organizzata a San Paolo, che detiene un potere pressoché totale all’interno dei penitenziari, potere al quale non si sottraggono neppure le guardie carcerarie. Per realizzare gli attentati, il Pcc ha convocato tutti quelli che controlla per debiti, gente a cui ha fatto favori o a cui ha anticipato soldi, drogati non in grado di pagare la sostanza stupefacente di cui hanno bisogno, piccoli malavitosi e spacciatori protetti dalla grande organizzazione, membri che non riescono a pagare il “pizzo” che il Pcc esige dai suoi affiliati. Insomma, gente che non ha niente da perdere e che è pronta a tutto per liberarsi del debito con l’organizzazione criminale, che altrimenti potrebbe arrivare anche ad ucciderli.
Il Pcc è nato con il calcio: nel 1993 nel carcere di Taubaté, allora la prigione più sicura del Brasile, otto detenuti di San Paolo formarono una squadra di calcio per affrontare quelli di Rio, allora dominanti, e la chiamarono Comando da Capital. Essendo anche impegnati politicamente, i fondatori si diedero poi come missione “la lotta all’oppressione nel sistema carcerario e la vendetta per il massacro del Carandirù” (l’eccidio di 111 detenuti in rivolta in un carcere di San Paolo). Da allora il Pcc è diventato la vera espressione mafiosa della criminalità in Brasile (rispetto alle effimere bande di narcos di Rio de Janeiro), in grado persino di sfidare lo Stato.
Il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha tacitamente dato la colpa per gli incidenti e le rivolte nelle carceri di San Paolo ai socialdemocratici, che governano lo Stato di San Paolo da quasi vent’anni, e in particolare al suo concorrente nelle elezioni presidenziali del 3 ottobre, Geraldo Alckmin, che era governatore di San Paolo fino al mese scorso. “Quello che sta avvenendo a San Paolo - ha detto Lula alla Tv Globo da Vienna - è il risultato di un Paese che durante gli ultimi decenni è stato governato con una mentalità per cui gli investimenti in educazione sono soldi buttati via, come sarebbero soldi buttati via investimenti in politiche sociali e nella sanità, perché spendere per i poveri è spendere per far star meglio i banditi”. E ha aggiunto: “Dobbiamo investire sul popolo brasiliano, questa è la chiave per la pace sociale, dar da mangiare, dare scuole, dar lavoro, perché la gente non abbia bisogno di andare a rubare e ammazzare, perché è su quello che fa leva il crimine organizzato. Mi rincresce per le vittime, mi rincresce per le loro famiglie, ma c’è stata la volontà di arrivare a questo, e adesso ci siamo”.
Questo il bilancio dopo tre giorni di disordini: 52 morti (35 delle forze dell’ordine, 3 civili e 14 malviventi) e, secondo il sindacato delle guardie carcerarie, almeno 250 secondini sono ancora detenuti come ostaggi.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

COM'è CHE HAI COPIATO E INCOLLATO QUEST'ARTOCOLO? SENZA COMMENTI TUOI POI...A PARTE IL TITOLO...NATURALMENTE

LoiZ ha detto...

bravo ste..
documentiamoci prima di immigrare

sagexp ha detto...

;)