16 settembre 2006

il modo più prolisso per mandare una rosa via sms

una mattina
Il vecchio pescatore dal viso bruciato dal sole passeggiava a piedi nudi in
sul far dell’alba sulla rena ancora umida dalla notte appena trascorsa. La
bocca era chiusa in un sorriso di labbra screpolate e gli occhi stretti cercavano
il primo sole. In quel mentre un flebile fischio proveniente dalla scogliera
sbiancata dal sale attirò la sua attenzione; il vento che sul mare s’alza al
sorgere del sole s’infilava in uno scuro anfratto, che mai ricordava di aver
notato nei suoi 60 anni di passeggiate lungo la spiaggia. Vi si diresse svelto
con l’impazienza di chi aveva temuto di non potersi più stupire e con la paura
che fosse solo un miraggio destinato a svanire. Ormai vicina la misteriosa
apertura si faceva sempre più solida e reale. L’uomo raggiunta l’imboccatura,
ancora incredulo, lentamente sfiorava con le dita le rocce lungo il perimetro
dell’entrata come ad impedire alla visione di svanire. L’apertura della piccola
grotta era poco più bassa di una porta ma così stretta che si poteva entrare
solo voltandosi su un fianco. Il vecchio si girò e, sfiorando col viso l’antico
stipite, entrò. Mentre, immobile aspettava che gli occhi si abituassero a quel
buio irreale l’odore del vuoto lo pervase. Era com se le minuscole particelle
che levitano nell’aria solleticandoci il naso fossero troppo poche per creare
uno stimolo nei recettori olfattivi. Come se quel antro roccioso fosse molto più
ampio di quanto la stretta apertura avesse lasciato sospettare. Il buio ancora
impenetrabile gli rendeva impossibile muoversi. Poteva difatti esserci un
crepaccio in qualsiasi direzione. Il terreno non era di nuda pietra ma freddo
e umido scricchiolava sotto i piedi. Il buio si diradava al dilatarsi delle sue
pupille, e pareva al vecchio di scorgere a destra e a sinistra alte pareti di un
corridoio che sembrava allargarsi a formare uno spazio più ampio. Strisciando
le mani lungo i muri vi si diresse lesto quanto la fioca luce gli permise. Un
raggio di sole, dentro il cui cono danzavano mille particelle, penetrava da un
buco lungo volta andando a colpire il suolo dietro ad una grande pietra a
forma di paravento. Lo spazio all’interno della piccola caverna assumeva una
colorazione grigio-verde e si distinguevano bene i contorni delle nude pareti.
Ma la sua attenzione era calamitata dalla pietra. Tutti i suoi pensieri erano
volti ad immagina ciò che essa poteva nascondere o proteggere, non poteva
non esserci niente. Forse era un tesoro o uno scheletro umano o quasi, forse un
libro di antica saggezza o.. chissà. Rallentava il passo assaporando il piacere
che l’attesa aumentava fin quasi al parossismo. Girò tutto attorno al pseudo
paravento e fissò la fessura da cui veniva il raggio di luce e pian piano seguì
il raggio di luce fino al suolo e...la vide. Creata da un’irripetibile casualità
di fattori, incredibile come un miracolo, stava là come fosse la cosa più
naturale del mondo. Le sue sorelle erano state cantate da Cielo e Antoine,
calpestate da zoccoli al galoppo di cavalli guerrieri, usate per conquistare
cuori di più o meno dolci fanciulle. Egli contemplava ancora e ancora le sue forme
morbide; e dentro di se sentiva crescere il desiderio violento di proteggere
e custodire quella cosa meravigliosa che gli era stata data. Si, Sarebbe
stato sempre accanto alla sua regale rosa color cremisi cupo. Le avrebbe dato
l’unica cosa che le mancava: il profumo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Troppo lungo, serve solo per nascondere l'ovvio...